Alla luce è affidato il compito di evidenziare le forme e i colori di ciò che ci circonda. A volte cose semplici ed essenziali a volte situazioni complesse.
Ai nostri occhi il piacere di saper cogliere le emozioni racchiuse in ognuna di esse. Alle nostre immagini il compito di conservarle nel tempo.

23/12/10

Per ricordare....per non dimenticare!


                                                             Diario di Viaggio                             
                                                    Visita all'ospedale di Rangpur

E quando si pensa di aver toccato il fondo ecco che ancora ce n'è........

Ognuno di noi ha dei riferimenti mentali ben precisi per le situazioni che incontriamo via via lungo la vita e l'esperienza che sto per raccontarvi è in modo inaspettao una delle esperienze piu toccanti che mi siano mai capitate.
Avevo avuto notizia che un ragazzo di Moeshpur che ben conosco e che piu volte avevo aiutato in varie situazioni, aveva avuto un incidente in moto mentre con un amico percorreva un tratto di strada che porta al suo villaggio. Si tratta di situazioni che succedono di frequente a cui sembra non ci sia rimedio , visto il disordine caotico delle strade in Bangladesh.
Robin, questo è il suo nome , si trovava nell'ospedale governativo di Rangpur, una città nel nord del paese, a circa tre quattro ore di strada con un automezzo, circo sei ore con i bus dal villaggio in cui abita,.
Visto che il giorno successivo dovevo passare per Rangpur ho deciso che sarebbe stata buona cosa fargli visita per vedere se poteva aver bisogno in qualche modo del mio aiuto.
L'ospedale, un grande casermone a quattro piani si snodava, si trovava a poca distanza della fermata dei bus e si presentava come un grosso serpentone ammuffito, con quel poco che rimaneva del colore bianco originario.
Assieme alla mia immancabile guida bengalese mi dirigo verso l'ingresso cercando di ottenere informazioni con il telefonino, su dove si trovasse Robin all'interno dell'edificio. Ci viene incontro il padre del regazzo. 
Lo seguiamo tra un via vai di gente che entra ed esce da uno dei tanti ingressi.
Un ambiente che definire malsano è davvero un'impressione al rialzo, dove cercano di trovare spazio barelle con persone sofferenti perse tra i tanti parenti che cercano di trovare il proprio familiare o amico. 
Vediamo arrivare un ascensore, .o forse un montacarichi o ancora peggio. Le porte si aprono semplicemente spingendole e per accellerare i tempi vengono aperte un metro prima dell'arrivo al piano, creando una reale sensazione di pericolo. Ma niente paura, qui si scoprono situazioni nuove in ogni momento. 
Entriamo quasi di forza sicuramente favoriti dalla mia presenza di occidentale, quasi fossi un medico o perlomeno una persona importante. Con noi entra anche un ragazzo sui 16 anni, sdraiato su una barella spinta all'interno da un infermiere, anche se niente fa capire che lo sia.. Con lui ci sono i genitori che cercano di tranquillizzarlo. Il ragazzo ansima e si trova in una situazione visibilmente preoccupante. Da pochi segni di vita ed è coperto piu da uno straccio che da una coperta. Si capisce chiaramente che questo è lo standard e che non si puo pretendere di meglio.
Pesa non piu di 45 kg ed è visibilmente di una magrezza dovuta all'alimentazione insufficiente. Saliamo fino al terzo piano e come gia detto prima, si aprono le porte con una spinta a mano quando abbiamo ancora la soletta del pianno di arrivo all'altezza degli occhi.
Con fatica visto lo spazio e le persone che lo invadono cerchiamo di uscire dall'ascensore.
Percorriamo una decina di metri e entriamo in un salone che praticamente è l'intero piano dell'ospedale. Non ci sono camere ma un solo unico ambiente lungo quanto l'edificio.
Quello che mi si presenta di fronte ha dell'indescrivibile e crea un grande disagio dentro e fuori di me. Cammino e mi faccio spazio i tra decine di ammalati , i piu sdraiati sul pavimento. La gravità dei pazienti è visibilmente seria. I piu sono  su una coperta che gli fa da letto , praticamente per terra su un pavimento che non si riesce nemmeno a lavare visto l'affollamento. Per raggiungere Robin cammino mettendo i piedi tra le teste degli ammalati e devo fare attenzione a non cadergli addosso. Una vera e propria gincana tra disperati che non hanno alternativa a quella in cui si trovano.
I piu fortunati hanno un letto ( si fa per dire ) con un lenzuolo che porta i segni del passaggio dei precedenti ammalati. Praticamente una macchia unica che mi ricorda visivamente la Sacra Sindone. Anche qui probabilmente sono impressi i segni della sofferenza umana. Non riesco piu a controllare le mie emozioni e gli occhi mi si riempiono di lacrime. Forse è l'unico modo che umanamente ho per reagire ha quello che mi succede di fronte. C'è chi grida per delle sonde che gli vengono sfilate dalla gola alla bell e meglio, chi mostra ferite coperte da poche bende , chi soffre sapendo che nessuno lo potrà aiutare. Non avevo mai visto una situazione tanto toccante. Il mio riferimento al ribasso per quanto riguarda un ospedale era quello dei film di madre Teresa di Calcutta in cui c'erano camerate colme di disperati, ma qui la situazione andava ben oltre e mi riesce difficile anche solo parlarne.
Arriviamo dal ragazzo a cui dovevo far visita e anche qui non so piu da che parte girarmi per mascherare il mio disagio cosi evidente. Continuo a chiedermi il perchè di tutto questo.
E' sdraiato su una branda e sembra incapace di percepire la mia presenza. Ha subito un forte trauma cranico ed è in una situazione di incoscienza. La moglie Veronica lo accarezza sulla fronte e cosi faccio anche io . 
E' l'unico gesto che posso regalargli mentre il mio sguardo corre tra la tanta disperazione che mi sta attorno. Sua moglie lo chiama e gli dice che Oliviero è venuto a fargli visita. 
Quasi fosse un regalo per me apre gli occhi e mi saluta con uno sguardo sofferente che chiede aiuto. 
Gli stringo la mano ma l'emozione ha il sopravvento e continuo ad sciugarmi le lacrime che non riesco piu a controllare. Si tratta di tante vite umane, figli , padri di famiglia e molto altro ancora. 
Sapere che dall'altra parte del mondo ci sono tanti sprechi e che qui si muore per cosi poco mi fa star male. Impossibile da parte mia anche solo pensare di aiutare quella moltitudine di gente e non mi rimane quindi che prenderne atto. Per quel che mi è permesso do la mia disponibilità per un aiuto alla famiglia di Robin. Se servono medicine o quant'altro possono contare su di me ed emerge in tutta la drammaticità l'impossibilità che la sua famiglia ha di gestire una situazione simile. Quando esco dall'ospedale sono da una parte contento per essere stato di aiuto a Robin, mentre dall'altra parte non riesco a capacitarmi che tanti altri non abbiano avuto la stessa fortuna. 
La vita è dura in Bangladesh, anche per chi cerca di essere di aiuto.

Oliviero

5 commenti:

  1. Non si può parlare su certe foto, si può solo guardare, leggere, pensare, ed cercare di agire....ciao, Oli, grazie

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  2. Un duro testimonio en Sudamérica pasa parecido , tiene usted un gran-blog de fotos.
    saludos desde Argentina!

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  3. ...non esistono parole...Grazie per quello che fai.....Un salutone ciao marilena

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  4. Non si può dire che tu non abbia provato emozioni forti,in questo viaggio, Oli. Forse questo è stato anche peggio della storia del bus. Un vero e proprio girone dantesco. Conoscere un pò di più il mondo dovrebbe farci capire che non abbiamo il diritto di lamentarci. Dany

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  5. Le parole servono davvero a poco caro Oliviero,mentre leggevo il tuo racconto avevo un nodo alla gola....e pensare che quì quotidianamente vengono elencati da"Striscia la notizia" i miliardi sprecati in strutture ospedaliere mai entrate in funzione!!!Ancora tanti cari Auguri a te ed ai tuoi cari da Gabriele

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