Alla luce è affidato il compito di evidenziare le forme e i colori di ciò che ci circonda. A volte cose semplici ed essenziali a volte situazioni complesse.
Ai nostri occhi il piacere di saper cogliere le emozioni racchiuse in ognuna di esse. Alle nostre immagini il compito di conservarle nel tempo.

31/12/10

Tanti giorni da non dimenticare.

        
Lascio a questa foto il compito di chiudere questo ultimo anno, cosi ricco di tante emozioni e di tante sorprese che giorno dopo giorno lo hanno fatto vivere.
Il mio grazie a tutti quelli che hanno voluto dedicare un po di questo 2010 al Bangladesh e alla sua gente.
Penso che questo sia il miglior modo di accogliere il nuovo anno che sta per arrivare.

         ........................................il più grande Augurio per un anno sereno da Oliviero

30/12/10

Il coraggio di "vivere"


                                                                    Diario di viaggio
                                                             Il coraggio di "vivere"


Qui tutto viene metabolizzato in positivo. Ogni giorno ne ho conferma, quando incontro sulle strade quello che noi definiremo "l'impossibile vivere".
Ne ho incontrati a centinaia , nelle piazze, lungo le strade, sui bus, fuori le chiese o le moschee.
Un esercito di ciechi, storpi, uomini che sono ridottiad un ceppo a volte senza gambe ne braccia.
 Eppure li trovi ovunque quasi come se la loro menomazione non fosse un motivo per arrendersi, nonostante la gravità delle situazioni.
Chiedono qualche taka per poter mangiare, visto che qui non c'è nesun tipo di assistenza ne di aiuto da parte dello stato. Quando per sfortuna o per destino si entra a far parte di queste situazioni non rimane altro da fare che scendere in strada ed esibire il proprio dramma.
E per uno che ne vedi almeno 20 sono morti a causa della mancanza di cure. Qui un ospedale è un lusso che in pochi si possono permettere. Quindi si muore o se va "bene" si sopravvive e si entra a far parte di questo esercito senza via di uscita.
E' davvero difficile rimanere indifferenti quando ti tendono la mano in cerca di aiuto.
Uno, due, tre ed è cosi per tutto il giorno e anche per i giorni a venire. Piano piano ci si abitua, quasi non fosse poi cosi grave quello che hai di fronte.
Questo è davvero un altro mondo , quel mondo che spesso dimentichiamo, cosi presi come siamo nella scelta dei regali adatti per le feste di Natale. Quasi sempre cose che riteniamo utili ma che spesso no lo sono.
E mi viene da chiedermi: chissà chi gli ha regalato quei due pezzi di legno?

Oliviero

29/12/10

Passato e futuro

                                                        
                                                          Diario di viaggio.
                                      Un paese che guarda al futuro tra mille difficoltà.


Durante le mie molteplici visite in Bangladesh non ho potuto fare a meno di notare quanto il paese sia attaccato alle proprie tradizioni culturali. Le generazioni del "passato"  ancorate a quello che la tribù di appartenenza a insegnato loro come fondamento del vivere quotidiano. Le nuove generazioni che guardano al futuro come ad un sogno dove vivere sia qualche cosa di più umano di quanto la realtà dell'oggi offra loro.
Un paese che non sfuggirà al grande cambiamento dei prossimi anni , che vedrà nel giro di pochi anni scomparire  le tradizioni che durano da secoli, prima ancora che il Bangladesh fosse la terra che conosciamo.
Sicuramente le foto che animano queste pagine saranno destinate ben presto a rimanere un documento visivo di un popolo che scompare.

Oliviero

28/12/10

Occhi.......per guardare il mondo.


                                                        Diario di viaggio
                                     Il villaggio di Moeshpur ( il luogo dri bufali )

Anche oggi ho stretto molte mani e ho visitato molte case  dei tribali Santal.
Ancora una volta ho incontrato gli occhi delle persone semplici, quelle che cercano di  capire perchè ritorno da loro. La risposta è molto semplice, questo paese mi è entrato nel cuore nonostante le tante difficoltà che bisogna superare per poterlo "vivere" e per poterci vivere.
Spesso si incontrano sguardi che raccontano più di tante parole. Tante le difficoltà e il bisogno di aiuto , con cui bisogna fare i conti tutti i giorni. Difficile, almeno per me, rimanere indifferente di fronte a queste situazioni.
Quando incontri gli occhi di questa gente, cambiano anche i tuoi occhi.

Oliviero

26/12/10

Al lavoro


Diario di viaggio
Mani al lavoro nella Novara tecnical school di Suiari.

E' questo il sogno di ogni ragazzo bengalese e proprio da questa scuola ogni anno escono 
decine di ragazzi pronti per affrontare la vita e le difficoltà di tutti i giorni.
Una cosa è sicura, ognuno di loro avrà un lavoro e non c'è nulla che possa contare di più.



23/12/10

Per ricordare....per non dimenticare!


                                                             Diario di Viaggio                             
                                                    Visita all'ospedale di Rangpur

E quando si pensa di aver toccato il fondo ecco che ancora ce n'è........

Ognuno di noi ha dei riferimenti mentali ben precisi per le situazioni che incontriamo via via lungo la vita e l'esperienza che sto per raccontarvi è in modo inaspettao una delle esperienze piu toccanti che mi siano mai capitate.
Avevo avuto notizia che un ragazzo di Moeshpur che ben conosco e che piu volte avevo aiutato in varie situazioni, aveva avuto un incidente in moto mentre con un amico percorreva un tratto di strada che porta al suo villaggio. Si tratta di situazioni che succedono di frequente a cui sembra non ci sia rimedio , visto il disordine caotico delle strade in Bangladesh.
Robin, questo è il suo nome , si trovava nell'ospedale governativo di Rangpur, una città nel nord del paese, a circa tre quattro ore di strada con un automezzo, circo sei ore con i bus dal villaggio in cui abita,.
Visto che il giorno successivo dovevo passare per Rangpur ho deciso che sarebbe stata buona cosa fargli visita per vedere se poteva aver bisogno in qualche modo del mio aiuto.
L'ospedale, un grande casermone a quattro piani si snodava, si trovava a poca distanza della fermata dei bus e si presentava come un grosso serpentone ammuffito, con quel poco che rimaneva del colore bianco originario.
Assieme alla mia immancabile guida bengalese mi dirigo verso l'ingresso cercando di ottenere informazioni con il telefonino, su dove si trovasse Robin all'interno dell'edificio. Ci viene incontro il padre del regazzo. 
Lo seguiamo tra un via vai di gente che entra ed esce da uno dei tanti ingressi.
Un ambiente che definire malsano è davvero un'impressione al rialzo, dove cercano di trovare spazio barelle con persone sofferenti perse tra i tanti parenti che cercano di trovare il proprio familiare o amico. 
Vediamo arrivare un ascensore, .o forse un montacarichi o ancora peggio. Le porte si aprono semplicemente spingendole e per accellerare i tempi vengono aperte un metro prima dell'arrivo al piano, creando una reale sensazione di pericolo. Ma niente paura, qui si scoprono situazioni nuove in ogni momento. 
Entriamo quasi di forza sicuramente favoriti dalla mia presenza di occidentale, quasi fossi un medico o perlomeno una persona importante. Con noi entra anche un ragazzo sui 16 anni, sdraiato su una barella spinta all'interno da un infermiere, anche se niente fa capire che lo sia.. Con lui ci sono i genitori che cercano di tranquillizzarlo. Il ragazzo ansima e si trova in una situazione visibilmente preoccupante. Da pochi segni di vita ed è coperto piu da uno straccio che da una coperta. Si capisce chiaramente che questo è lo standard e che non si puo pretendere di meglio.
Pesa non piu di 45 kg ed è visibilmente di una magrezza dovuta all'alimentazione insufficiente. Saliamo fino al terzo piano e come gia detto prima, si aprono le porte con una spinta a mano quando abbiamo ancora la soletta del pianno di arrivo all'altezza degli occhi.
Con fatica visto lo spazio e le persone che lo invadono cerchiamo di uscire dall'ascensore.
Percorriamo una decina di metri e entriamo in un salone che praticamente è l'intero piano dell'ospedale. Non ci sono camere ma un solo unico ambiente lungo quanto l'edificio.
Quello che mi si presenta di fronte ha dell'indescrivibile e crea un grande disagio dentro e fuori di me. Cammino e mi faccio spazio i tra decine di ammalati , i piu sdraiati sul pavimento. La gravità dei pazienti è visibilmente seria. I piu sono  su una coperta che gli fa da letto , praticamente per terra su un pavimento che non si riesce nemmeno a lavare visto l'affollamento. Per raggiungere Robin cammino mettendo i piedi tra le teste degli ammalati e devo fare attenzione a non cadergli addosso. Una vera e propria gincana tra disperati che non hanno alternativa a quella in cui si trovano.
I piu fortunati hanno un letto ( si fa per dire ) con un lenzuolo che porta i segni del passaggio dei precedenti ammalati. Praticamente una macchia unica che mi ricorda visivamente la Sacra Sindone. Anche qui probabilmente sono impressi i segni della sofferenza umana. Non riesco piu a controllare le mie emozioni e gli occhi mi si riempiono di lacrime. Forse è l'unico modo che umanamente ho per reagire ha quello che mi succede di fronte. C'è chi grida per delle sonde che gli vengono sfilate dalla gola alla bell e meglio, chi mostra ferite coperte da poche bende , chi soffre sapendo che nessuno lo potrà aiutare. Non avevo mai visto una situazione tanto toccante. Il mio riferimento al ribasso per quanto riguarda un ospedale era quello dei film di madre Teresa di Calcutta in cui c'erano camerate colme di disperati, ma qui la situazione andava ben oltre e mi riesce difficile anche solo parlarne.
Arriviamo dal ragazzo a cui dovevo far visita e anche qui non so piu da che parte girarmi per mascherare il mio disagio cosi evidente. Continuo a chiedermi il perchè di tutto questo.
E' sdraiato su una branda e sembra incapace di percepire la mia presenza. Ha subito un forte trauma cranico ed è in una situazione di incoscienza. La moglie Veronica lo accarezza sulla fronte e cosi faccio anche io . 
E' l'unico gesto che posso regalargli mentre il mio sguardo corre tra la tanta disperazione che mi sta attorno. Sua moglie lo chiama e gli dice che Oliviero è venuto a fargli visita. 
Quasi fosse un regalo per me apre gli occhi e mi saluta con uno sguardo sofferente che chiede aiuto. 
Gli stringo la mano ma l'emozione ha il sopravvento e continuo ad sciugarmi le lacrime che non riesco piu a controllare. Si tratta di tante vite umane, figli , padri di famiglia e molto altro ancora. 
Sapere che dall'altra parte del mondo ci sono tanti sprechi e che qui si muore per cosi poco mi fa star male. Impossibile da parte mia anche solo pensare di aiutare quella moltitudine di gente e non mi rimane quindi che prenderne atto. Per quel che mi è permesso do la mia disponibilità per un aiuto alla famiglia di Robin. Se servono medicine o quant'altro possono contare su di me ed emerge in tutta la drammaticità l'impossibilità che la sua famiglia ha di gestire una situazione simile. Quando esco dall'ospedale sono da una parte contento per essere stato di aiuto a Robin, mentre dall'altra parte non riesco a capacitarmi che tanti altri non abbiano avuto la stessa fortuna. 
La vita è dura in Bangladesh, anche per chi cerca di essere di aiuto.

Oliviero

18/12/10

Bus in Bangladesh


                                                Diario di viaggio - 1 dicembre 2010 
                                                      Appuntamento con la morte

Spesso mi sono ripetuto, per spiegare in Italia i reali rischi di un viaggio in Bangladesh.
Il nostro modo di guardare paesi lontani e i loro rischi ci porta spesso a ragionare in modo sbagliato.

Non avrei mai pensato che quello che sto per raccontarvi potesse accadere.
E' cosa nota che le strade in Bangladesh sono un vero pericolo e che ogni giorno si contano decine di morti, ma che la cosa dovesse toccarmi cosi da vicino non lo avrei mai immaginato.

Il primo giorno di dicembre mi vede sveglio di mattino presto poco dopo le sei. La luce è ancora poca ed una leggera nebbiolina tipica in questa stagione in bangladesh pervade campi e risaie creando un affetto un po spettrale. Questo è il giorno in cui mi devo recare a Dhaka , 400 km piu a sud.. Il giorno precedente nella città di Rangpur ho acquistato il biglietto per l'autobus in modo di poter aver certezza del mio viaggio.
Gli accordi stabiliti al piccolo sportello dell'ufficio prevedevano la sosta del bus sulla strada che attraversa Boldipukur, 15 km piu a sud in direzione di Dhaka.
E fino a qui niente di speciale visto che è un operazione fatta molte altre volte. Il bus è diretto da Rangpur a Dhaka ma se si chiede una sosta per salire lungo il percorso e si è gia muniti di biglietto , la cosa è possibile.
Verso le 6.45 partiamo io e la mia guida ( un tribale Oraun che mi ospita nella sua casa ) per raggiungere la strada principale, dove il bus sarà di passaggio.

Alle sette siamo gia sul posto con largo anticipo , visto che l'appuntamento col bus è per le 7,30, quindi ci prepariamo tranquilli sul bordo della strada. A quest'ora il traffico è calmo: qualche rickshow e i primi camion che percorrono la strada da e per Dhaka.
Il bus si dovrebbe fermare al suo passaggio , ma per sicurezza è meglio dare un occhio ed eventualmente fare cenno con la mano per fermarlo. Se lo perdiamo il nostro appuntamento a Dhaka è compromesso. Controlliamo cosi a vista d'occhio gli automezzi che arrivano nella nostra direzione nella speranza che ci sia anche il nostro. Passano alcuni bus ma la compagnia che sta scritta ben visibile in fronte all'automezzo ci dice che non si tratta del nostro.
Con lo sguardo continuiamo a scrutare lontano lungo il rettilineo che porta fino a noi e vediamo comparire la sagoma di un'altro bus. Potrebbe essere il nostro ma è ancora lontano e non ne siamo certi, anche se l'orario è quello buono.
Ad un certo punto l'automezzo che si trova a 300 metri da noi, comincia a sbandare e invade l'altra corsia per poi rientrare a tutta velocita su quella di marcia. La velocità è troppo alta e l'automezzo si ribalta su un fianco proseguendo la sua corsa ormai incontrollata. distruggento dapprima alcuni piloni di cemento per poi sfondare di netto una baracca per uscirne dall'altra parte. Pochi attimi e poi il silenzio. La gente comincia a correre in direzione del Bus per prestare nel caso fosse possibile i soccosri. Molti anche i curiosi che si dirigono in quella direzione. Noi rimaniamo fermi , anche perchè il nostro bus potrebbe non essere quello. Il via vai di gente che arriva dal luogo dell'accaduto ci dice che dal bus non emergono segni di vita e che ci sono molte persone senza vita.. Cerchiamo di capire se il bus poteva essere in nostro visto che siamo sempre li ad aspettare e non ce n'è traccia. Un bengalese in moto ci conferma che si tratta proprio del nostro bus e il sangue mi si gela dentro le vene.
Mai la morte e stata cosi vicina e cosi spietata come in quel momento. Sarebbe bastato un km in piu e anche io sarei stato tra le vittime della tragedia. Sarebbe bastato partire assieme agli altri dalla stazione dei bus per essere li, dentro a quell'ammasso di rottami. E invece il destino ha voluto che la morte arrivasse a sfiorarmi, mostrandosi in tutta la sua inevitabilità, ma concedendomi ancora di poter vivere.
Non so se sia un segno e non voglio crederlo, visto che la tragedia ha coinvolto molte vite umane. Ma io sono ancora qui. 
Che sia il segno che qui c'è ancora bisogno di me?

Oliviero -1 Dic Bangladesh

15/12/10

Il giorno del sacrificio


                                             Diario di viaggio
                                17 novembre La festa del Corbani.

Corbani, è cosi che chiamano la festa del sacrificio i bengalesi.
Piu in dettaglio si tratta dell' Eid Ul Ajha , il giorno religioso e di festa piu importante
per ogni mussulmano.
E in nessun'atra città del mondo la festa assume una dimensione cosi grande.
Sul territorio del Bangladesh vivono 160 milioni di abitanti su un area pari alla metà dell'italia. Il raffronto ci dice che che se il nostro paese avesse la stessa densità di popolazione gli italiani sarebbero 320 milioni, il che da l'idea della situazione e delle problematiche.
La popolazione di credo Islamico è vicina al 90% , mentre il rimanente si divide tra
Induisti 9% e altre religioni 1%. Queste cifre ci indicanon che il paese , che no ha religione di stato, vive in modo molto intenso gli appuntamenti religiosi dell'islam.
Per conto la popolazione vive la propria condizione di fede in modo tutto sommato rispettoso di chi non la pensa come loro.
Ritornando alla festa che sta per cominciare è giunto il momento di scendere per le strade. Alle 8 del mattino ha inizio la preghiera e dentro e fuori le moschee c'è un alternarsi di situazioni tra il mistico e di macabro. Lo spazio della preghiera vede una grande distesa di uomini, vestiti di tutta festa nel rispetto della tradizione.
Il muezzin invita alla preghiera che precede il sacrificio.
Quando sono le nove, tutti si riversano per le strade e ha inizio un "sacrificio" o meglio un massacro di dimensioni indescrivibili. Nel giro di poche ore verranno uccisi qualche cosa come 400000 animali nella sola città di Dhaka.
Il rituale prevede la lettura di un testo sacro per poi procedere all'uccisone.
Alcuni secondi dopo l'animale verrà sgozzato sulla pubblica via in un'atmasfera di grande festa. La macellazione a cui partecipano tutti i membri maschi della famiglia avviene tra mille rivoli di sangue che corrono ovunque.
Quando l'animale sarà carne pronta le famiglie procedono a cucinarne almeno una parte mentre il rimanete verrà riservato per il resto della settimana, visto che in tutto i festeggiamenti durano per 5-7 giorni.

La percezione di questo evento da parte degli occidentali è spesso fraintesa e fuori luogo. Il nostro bagaglio di cosa è giusto e di cosa non è giusto non si puo esportare come fosse un vangelo di chi sta nel giusto.

Ho voluto concludere con questa considerazione perchè ci sarebbero molte cose da dire in proposito.

Magari ne parlerò piu avanti....per oggi c'è gia "molta carne sul fuoco".

Oliviero

14/12/10

Il mercato del bestiame - Dhaka Bangladesh


                                    Diario di viaggio - Dhaka Banglaesh             
                                Il mercato del bestiame per il Corbani.

Mai come in questi giorni la città di Dhaka si trasorma.
Sembra di assistere ad un evento biblico e forse per certi versi è proprio cosi.

Tra pochi giorni, il 17 novembre la frenesia che contraddistingue la città sarà come cancellata dal giorno del sacrificio.

Nell'attesa la gente anima piu che mai mercati e strade per gli ultimi acquisti visto
che la festa è ormai imminemte. L'elemento e il fulcro della cerimonia è l'uccisione
di un animale e proprio per questo il numero di capre , buoi, mucche e quant'altro
colora le vie di Dhaka. Le colora non tanto per dire ma nel vero senso della parola visto che lo sterco abbonda ovunque e camminare per la città richiede un attenzione particolare. La “fortuna” è li pronta in attesa dei nostri piedi e di questa fortuna non ce n'è proprio bisogno, credetemi. Percorriamo io e le mie due guide tribali che mi seguono come ombre, un tratto a piedi per raggiungere uno dei tanti viali che attraversano la città e da li il primo parking ricksho che si possa incontrare, Si tratta per lo piu di un angolo di uno dei tanti crocevia dove la gente cerca un passaggio in direzioni a 360 gradi, a seconda della destinazione. Impieghiamo un ora per raggingere una piccola collinetta alta pochi metri
di forma allungata che delinea il bordo della via principale che sta di fianco, Legati a staccionate di bambu fanno bella mostra alcune centinaia di bovini, in attesa di un nuovo padrone. L'acquisto è condizionato dal costo che per la maggior parte dei bengalesi è impresa molto ardua, Servono a seconda delle dimensioni dell'animale, dalle 10000 taka per gli esemplari di piccole dimensioni fino ad arrivare a 300000 taka ossia tre Lak  per quelle piu grosse.
Tradotto in euro dai 100 ai 3000. Per avere un idea del potere di acquisto di un
bengalese che non appartiene alla classe alta si va dai 2-3 mesi di lavoro ai 2-3 anni
per gli animali piu costosi. Ma niente paura, l'unione fa la forza ed ecco che se 5 o 6  famiglie si uniscono , l'acquisto diventa possibile.
Gli animali piu costosi saranno sicuramente appannaggio dei benestanti.
Come tante altre occasioni , anche qui l'opportunità di scattare fotografie e'
assolutamente da non perdere.
Terminata la contrattazione dell'animale si tratta di portarlo a casa, o per meglio dire
fuori casa, visto che gli spazi delle abitazioni sono al limite della sopportazione umana
e forse anche al di sotto. Si incontrano nel giro di poche ore centinaia di uomini
( il compito è riservato a loro ) con al seguito un animale legato ad una corda.
La città che per il resto dell'anno vive aggrappata alla sopravvivenza per pochi giorni sembra mostrare un abbondanza che non gli appartiene.
Ormai il grande giorno dell'Eid Ul Ajha è alle porte.

Ma di questo vi parlerò domani,

13/12/10

Il porto di Dhaka

Diario di viaggio - Dhaka Bangladesh   - On the road again

Questa e' sicuramente la foto giusta per lasciare il mio saluto a tutti quelli che mi leggeranno. Sono in Bangladesh ormai da piu di due settimane e le situazioni che ho incontrato sono ancora una volta un'esperienza per me molto importante.
Il mio arrivo a Dhaka ( la capitale che con i suoi 16 milioni di abitanti assomiglia piu ad un formicaio che ad una citta' per gli uomini ) e' stato come al solito gia di per se un avventura. Uscire dall'aeroporto e' un impresa che mette alla prova anche gli stessi bengalesi, figuriamoci uno dei monti Bergamaschi, ma per fortuna c'era all'esterno chi mi aspettava. Se cosi non fosse probabilmente sarei ancora li.
Dal giorno successivo comincia per me una vera e propria fullimmersion fotografica ed umana.
Una visita al porto non poteva mancare. Li ci sono gia stato altre volte ma lo spettacolo si ripete senza fine ogni giorno. Tornare e' sempre nei miei desideri per cui eccomi li tra barconi arrugginiti da cui sbarcano migliaia di uomini donne e bambini. Al seguito spesso anche gli animali , che in questi giorni sono veramente tantissimi a causa della festa del sacrificio ormai alle porte. Lungo le rive del fiume baracche e barche, rickshow e gente che scarica merci, capre e persone che si lavano nel fiume. E questa e' solo una parte di cio che i miei occhi e la mia fotocamera inseguono con grande curiosita'. Si cammina tra le grosse catene degli attracchi e gente che dorme dopo aver lavorato durante la notte. Decido di salire su una delle tante piccole barche per vedere il porto e il suo frenetico brulicare dal fiume. Un po precaria la stabilita' di quella che definirei piu un'ammaso di legno galleggiante che non una barca. Ancora tante occasioni che cerco di fissare nei miei scatti, ancora la sensazione di trovarsi immerso in una bolgia di disperati senza via d'uscita.
Tornato a riva seguo i carretti e i portatori di cesti che tra quei vicoli sono l'unico modo di trasportare le merci. Mi passano davanti agli occhi scene dantesche. Gente che vende verdura accatastata per terra , barbieri che radono i loro clienti tra la folla, donne che chiedono qualche taka per poter mangiare.
Di tutto e di piu in una situazione che ha dell'incredibile.
Quando ormai fa sera ritorno ( sempre accompagnato ) al mio alloggio nella missione del PIME.
Due ore per attraversare un tratto di Dhaka che ancora una volta da la giusta misura della situazione. Un viavai di gente a piedi che sembra piu un esodo che uno spostarsi in direzione di chissa quale area della citta'.
Quando ormai e' notte sono a "Casa" o almeno li e' cosi che mi sento.
E domani mi aspettano altre sorprese......inaspettate sorprese.
Un saluto da Oliviero